Nuovo piano contro le pandemie: ma lo spartito non basta. Ora serve un direttore, e l'orchestra
Cronache della ricerca #294
Il piano pandemico è come lo spartito di un’orchestra, che non può funzionare se mancano gli strumenti. Se qualcuno pensa che un documento programmatico come la nuova bozza di piano di risposta a una pandemia sia un affare settoriale di chi si occupa di malattie infettive, si sbaglia. I problemi che hanno dovuto affrontare gli operatori sanitari per contrastare la pandemia sono problemi sistemici, trasversali a tutte le aree della salute e come tali dovrebbero essere affrontati e risolti a livello centrale in un piano che si definisce strategico e operativo. La mancanza di interoperabilità dei sistemi informativi, a livello sia locale sia nazionale, è stata per esempio un enorme problema. Per non parlare della necessità, per chi si occupa di salute della popolazione, di avere accesso tempestivo anche ad altre informazioni che viaggiano al di fuori del sistema sanitario. Ma il nodo da sciogliere più grande di tutti è quello dei vincoli (veri o falsi) posti dalle norme sulla confidenzialità dei dati, GPDR, il regolamento generale sulla protezione dei dati personali.
L’epidemiologa Stefania Salmaso commenta su Scienza in rete la bozza di “Piano strategico operativo di preparazione e risposta a una pandemia da patogeni a trasmissione respiratoria a maggiore potenziale pandemico 2024-2028”. Un corposo documento (226 pagine) che ha il merito di enunciare molti principi e avere menzionato i molti documenti nazionali e internazionali riguardo a che cosa si dovrebbe fare per prepararsi e reagire a un evento pandemico, ma non risponde alla domanda iniziale su che cosa abbiamo imparato e su cosa ha ostacolato una risposta efficace e tempestiva, né delinea una strategia con cui questi ostacoli debbano essere rimossi.
In occasione del Giorno della Memoria riproponiamo l’argomento della complicità della classe medica nei crimini del nazismo. Perché, come sostiene la Lancet Commission che si occupa in modo specifico di questo argomento, si può imparare da questa fetta di storia solo se si abbandona il presupposto che i medici che collaborarono con il regime nazista fossero mostri: erano invece persone con caratteristiche psicologiche condivise con il resto dell’umanità e convinzioni scientifiche e obiettivi di carriera largamente diffusi, che agivano in un sistema politico estremo. Per questo è importante che questo argomento sia introdotto nel curriculum universitario dei futuri operatori in campo sanitario, come corso a sé stante (ne tengono uno all'Università Autonoma di Madrid Esteban Gonzalez-López e Rosa Rios-Cortés) oppure con ore integrative nei corsi di bioetica. E per questo è importante continuare a occuparsene. La formazione di professionisti sanitari moralmente coraggiosi e resilienti, attrezzati per affrontare le sfide deontologiche attuali e future e per diventare “agenti di democrazia”, può essere favorita dalla riflessione critica sui passati fallimenti etici della medicina. Ne scrive su Scienza in rete Simonetta Pagliani.
Allevare un bambino in carcere insieme alla madre detenuta significa porre un serio pregiudizio sulle sue possibilità di sviluppo fisico e psichico. L’Italia ha un ben noto e drammatico problema di sovraffollamento delle carceri, che vuol dire, tra l’altro, inciviltà delle condizioni di detenzione ed elevato numero di suicidi. In questo scenario, definito più volte dalla Corte europea per i diritti dell’uomo, “inumano e degradante”, l’Italia si segnala per un altro aspetto critico: la reclusione di bambini e bambine all’interno di strutture detentive insieme alle loro mamme detenute. Secondo il rapporto Global Prison Trends 2023, ripreso da Lancet, nel mondo la popolazione femminile incarcerata ammonta a circa 740.000 donne, un numero in crescita. Di pari passo ci si può aspettare che sia in crescita anche il numero dei bambini e delle bambine che si trovano incarcerati. I bambini che oggi in Italia condividono il destino di detenzione delle madri sono esposti alla cosiddetta sindrome da prigionia: la ristrettezza degli spazi in cui giocare, la mancanza di stimoli, i gesti ripetitivi, sono tutti fattori che possono sviluppare nei bambini detenuti difficoltà nel gestire le emozioni e senso di inadeguatezza, di sfiducia, di inferiorità. Ne scrive su Scienza in rete Eva Benelli.
🌳La responsabilità del proprio impatto sull’ambiente riguarda ciascuno di noi: i cambiamenti nello stile di vita dei cittadini possono contribuire a fare la differenza. Per questo l’ISDE, Associazione dei medici per l’ambiente, ha stilato cinque raccomandazioni che propongono a tutti noi altrettante modifiche dello stile di vita, utili per l’ambiente e per la propria salute. Le cinque raccomandazioni dell’ISDE riguardano aria, acqua, biodiversità, radiazioni ionizzanti e alimentazione. Sono disponibili sul sito dell’ISDE, dove si può consultare anche la bibliografia fornita a sostegno. Le presenta in forma sintetica Natalia Milazzo.
È partito a gennaio un progetto europeo dedicato a identificare le firme molecolari precoci per il tumore al pancreas, uno dei più aggressivi e con prognosi peggiore. Testando con tecnologie innovative topi geneticamente modificati, il gruppo di ricerca cercherà nei prossimi quattro anni di individuare le prime fasi di sviluppo del cancro. L’approfondimento su Research4life.
Segnalazioni e appuntamenti
🎂Il 23 gennaio scorso Zadig, editore di Scienza in rete, ha festeggiato con tanti amici i suoi primi trent’anni vissuti “nello stile della ragione”, per dirla con Voltaire a cui il nome Zadig si ispira, con un incontro tenuto nella Biblioteca di Filosofia dell’Università statale di Milano. Tema di fondo: il pensiero critico può vaccinarci contro la cattiva informazione e le teorie del complotto? Sono intervenuti giornalisti e filosofi. Sul sito di Zadig un breve racconto di che cosa si è detto, fatto e ascoltato.
🗓️L’8 e 9 febbraio torna al Museo di Storia naturale di Milano il Darwin Day, giunto alla sua ventunesima edizione milanese: quest’anno si interroga sui grandi temi delle origini della nostra specie e della sua evoluzione e sui molteplici percorsi intrapresi nel corso di questa straordinaria narrazione. Qui il programma completo, trasmetteremo la diretta in streaming sul sito e sul canale YouTube di Scienza in rete.
Un tempo il negazionismo climatico attaccava frontalmente gli argomenti sulle cause antropiche del fenomeno. Lo fa ancora, intendiamoci, ma meno. Oggi preferisce sostenere che in fondo un po' di riscaldamento globale è benefico, ma soprattutto attacca le soluzioni (vedi tutte le bufale che circolano sulle auto elettriche). Infine, semina dubbi sulla solidità scientifica della scienza del clima. Lo sostiene il Center for countering digital hate, che ha analizzato con un modello di intelligenza artificiale migliaia di video di YouTube, constatando questo passaggio dal vecchio al nuovo negazionismo. Da notare che, secondo questa fonte, YouTube guadagna 13,4 milioni di dollari dalla pubblicità su questi canali. Le principali piattaforme digitali non sono attrezzate per analizzare e bloccare questa nuova forma di negazionismo, e quindi dovrebbero aggiornarsi in fretta e smettere di arricchirsi con questa nuova forma di disinformazione.
Dal canto nostro, continuiamo a zappare la vigna della divulgazione scientifica. Se volete sostenerci con una libera donazione dell’importo che preferite, anche se forse non arriveremo a 13,4 milioni saremo più forti e ve ne saremo grati.
Ringrazio Stefania Salmaso per la lucidità del suo commento e della posizione espressa.
In merito alla mortalità le norme vigenti prevedono che una copia cartacea della scheda di morte vada alla ASL. Purtroppo, la qualità e la tempestività di questo flusso varia molto tra regioni.
Il DL 34/2020 prevede il passaggio alla certificazione elettronica della causa di morte che arrecherebbe enormi vantaggi a questo flusso di dati essenziali per la salute in termini di tempestevità, ma non solo. Purtoppo questo Decreto non prevede esplicitamente nel testo che il nuovo flusso di dati sia indirizzato anche verso ASL/Regioni e, soprattutto, nonostante gli oltre 3 anni trascorsi dall'approvazione, non ha prodotto ancora alcun effetto concreto in mancanza dei previsti decreti attuativi del Ministero dell'Economia.