L’attacco terroristico di Hamas iniziato il 7 ottobre puzza di morte e disumanità. Ma è anche frutto di un calcolo: indurre una nuova emergenza umanitaria a Gaza per mano di Israele, che ricompatti il fronte islamico e inneschi nuove guerre. Proprio come è successo dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001. E la guerra, ogni guerra, reclama un alto numero di vittime. Quelle dirette frutto del conflitto, e quelle indirette che conseguono ai danni fisici, ambientali, economici che la guerra porta con sé riverberandosi sulla popolazione civile. Simonetta Pagliani sintetizza in questo articolo uno studio sui costi diretti e indiretti dei conflitti in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Siria e Yemen che hanno fatto seguito all’11/9. Il totale - alquanto incerto per le ovvie difficoltà di reperire informazioni - è di circa 4,5 milioni di morti dirette, e 3,7 di morti indirette. Ma potrebbero essere di più. È la stessa spirale di morte e sofferenza che rischia di estendersi dai primi terribili attentati di Hamas in territorio israeliano.
Come cambia la ricerca in tempi di crisi. Il clima di guerra influenza anche l’ultimo Outlook su scienza, innovazione e tecnologia dell’OCSE, che osserva come il mondo torni a dividersi in blocchi, e come venga meno quel clima di globalizzazione che aveva consentito una divisione internazionale del lavoro, ora messa in discussione. Come spiega Luca Carra in un articolo su IIT Open Talk, «la polverizzazione delle catene di valore provocata da guerra e pandemia spinge le principali economie a riportare in casa (o quanto meno a casa di amici) le principali produzioni strategiche come quella dei semiconduttori, pericolosamente concentrate in piccoli stati come Taiwan, su cui si allunga l’ombra cinese. Stesso discorso vale per le materie prime critiche per la transizione digitale e quella energetica, distribuite irregolarmente sul Pianeta». Parallelamente aumentano gli investimenti in difesa e sicurezza, che coinvolgono non solo i sistemi d’arma ma anche l’uso bellico della IA e della biologia sintetica. Questo clima si ritorce inevitabilmente anche sulla rapidità della transizione verso la neutralità climatica. La sfida, secondo l’OCSE sarà - come recita il sottotitolo del report - «enabling transitions in times of disruption», rendere possibili le transizioni in tempi di crisi.
Ma vediamo bene a che punto siamo arrivati con la transizione energetica? L’Agenzia internazionale per l’energia è appena uscita con un bilancio che ricorda a quali condizioni sarebbe ancora possibile chiudere il secolo con un riscaldamento globale di 1,5°C, non innocuo ma gestibile. La lista, come racconta Jacopo Mengarelli in questo articolo, fa impressione, ed è l’ennesimo richiamo all’urgenza di una transizione necessaria, purtroppo osteggiata da non pochi paesi e dai venti politici che spirano in Europa, non proprio favorevoli al Green Deal.
La decarbonizzazione mette le ali. Dopo la pandemia il traffico aereo commerciale ha ripreso a crescere a ritmo sostenuto, raggiungendo già nel 2022 l’80% dei livelli pre-pandemici. Sebbene le emissioni di CO2 causate dall’aviazione siano solo il 2,5% delle emissioni antropogeniche, va tenuto conto che circa l’80% della popolazione mondiale non ha mai volato, e probabilmente prima o poi lo farà. Dunque governi e compagnie aeree stanno iniziando ad affrontare il tema della decarbonizzazione dell’aviazione, che molte vie possibili, come racconta in questo articolo Riccardo Lo Bue.
Punti quantici. Quest’anno i Nobel hanno fatto scoprire parole sconosciute ai più come gli attosecondi (Nobel per la fisica) e i punti quantici (Nobel per la chimica). Ebbene, la tecnologia dei quantum dots è in realtà davvero molto pervasiva nella nostra vita quotidiana. Questo Nobel ha avuto quindi il merito di focalizzare l’attenzione su questo specifico campo delle nanotecnologie che sfrutta le leggi della meccanica quantistica, tanto spessa relegata dall’immaginario pubblico quasi nella sfera del soprannaturale, per dare risultati molto concreti e tangibili e che utilizziamo quotidianamente, per esempio accendendo un televisore o usando dispositivi biomedici. La divulgatrice chimica Chiara D’Errico ve lo spiega bene in questo articolo.
L'Accademia Nazionale dei Lincei ha conferito a Silvio Garattini il Premio Nazionale Presidente della Repubblica, per il suo ruolo cruciale nella ricerca biomedica e l'impegno sociale in Italia. Garattini, medico e farmacologo, ha fondato e diretto l'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di cui è stato presidente fino al 2018. L'Istituto, sotto la sua guida, ha innovato la ricerca farmacologica italiana in diverse aree, dalla chemioterapia ai farmaci per il sistema nervoso. Silvio Garattini ha firmato circa 900 pubblicazioni e ricoperto posizioni chiave in numerose istituzioni pubbliche e private oltre ad aver ricevuto numerosi premi, tra cui la Légion d'Honneur e la Medaglia d'oro al Merito della Sanità Pubblica.
🗓️ Appuntamenti
Dal 13 al 15 ottobre torna a Padova il Cicap Fest Facciamo la nostra parte, che invita a riscoprire tre valori cardine per il progresso scientifico, civile e politico: responsabilità, trasparenza, fatti. In particolare sabato 14 ottobre alle h.14.30 a Palazzo Santo Stefano, Eva Benelli di Zadig e Maurizio Bonati del Mario Negri parleranno di fecondazione assistita, maternità surrogata e famiglie omogenitoriali, con la moderazione di Claudia Di Giorgio.
Giovedì 19 ottobre si terrà al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano il Convegno “La scienza si racconta. Esperienze a confronto” (dalle 14:30-17:30, Sala Biancamano, entrata da via Olona 6b). L’incontro, organizzato dal Master Macsis-Università Milano Bicocca in collaborazione con il Museo e Zadig, prevede i contributi di cinque protagonisti della divulgazione scientifica: Fiorenzo Marco Galli, Direttore Generale del Museo, Roberta Villa, medico e giornalista scientifica, Serena Giacomin, fisica climatologa e Presidente di Italian Climate Network, Maurizio Melis, giornalista e conduttore della trasmissione Smart City di Radio24, Paola Catapano, responsabile produzione contenuti editoriali del CERN. Introduce Luca Carra, interviste a cura degli studenti Macsis. Iscrizione gratuita e programma su Eventbrite.
Viviamo tempi di crisi, come ci ricorda il nuovo rapporto dell’OCSE, in cui per giunta dovremmo compiere ambiziose transizioni climatiche e digitali. Ce la faremo? Viviamo in tempi di guerra, con uno strano effetto domino che fa sì che la guerra in Ucraina sembri ormai un ricordo del passato, scacciata da una probabile nuova guerra in Medioriente. La geopolitica reclama la sua parte anche in un giornale di scienza come il nostro. E noi facciamo del nostro meglio per fornire dati e informazioni che aiutino a inquadrare razionalmente questi nostri tempi difficili. Ma per fare sempre meglio il nostro lavoro abbiamo bisogno della tua partecipazione, dei tuoi consigli e se puoi anche di un aiuto concreto. Scrivici a info@scienzainrete.it. E contribuisci con una libera donazione. Grazie per la tua attenzione!
Trovo molto impropria la dinamica causale suggerita dall'articolo. Per assurdo, la sequenza ricorsiva potrebbe estesa tipo "e venne Hamas che fece la strage che scatenò la repressione di Israele che innescò l'alleanza araba che fece guerra a Israele che fu aiutata dalla Nato che chiese l'appoggio degli USA che vendettero le armi a tutti e il mercate di armi ci guadagnò". La realtà storica è ben altra, e assai più complessa.
"Terrorismo chiama guerra"? Siamo impazziti? La realtà è che l'espulsione di centinaia di migliaia di persone dalle loro terre, seguita da DECENNI di occupazione, ingiustizie ripetute, umiliazioni assurde, furto di risorse-- prima di tutto l'acqua e la terra-- e terrorismo quotidiano (omicidi qua e la, arresti e detenzioni arbitrarie, distruzioni di oliveti, case, memorie, vite...) ... tutto questo ha chiamato, anzi imposto, il 'terrorismo'. Probabilmente vi era solo da chiedersi quando sarebbe arrivato... E forse questo terrorismo è stato atteso e 'lasciato fare' proprio per dare a qualcuno la giustificazione di invadere Gaza. Se volevamo la pace dovevamo combattere le ingiustizie flagranti contro il popolo palestinese. Altri, e certo non i palestinesi, vogliono questa ed altre guerre.