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correlazione o causalità? questo sembra essere il nodo cruciale del libro, ma io penso e ne ho scritto ad esempio in "Spegni quel cellulare" Carocci ed. 2022 che la causa delle difficoltà soprattutto delle giovani generazioni ma anche di una certa parte di adulti, risieda nella falsa rappresentazione del mondo che non solo i social offrono, ma tutto il comparto tecnologico propone come panacea per tutte le difficoltà del vivere. Facile, semplice, rapido sono le categorie su cui le tecnologie computazionali costruiscono l'idea del mondo che poi ci offrono sui loro canali. Il mondo reale è complesso, articolato non semplice da conoscere e tanto meno da padroneggiare, dunque il contrasto tra il mondo offerto dalle tecnologie che spacciano facilità, e la durezza della vita con cui ci misuriamo quotidianamente. produce quella sofferenza mentale che prende nomi diversi anche in relazione alle età dei protagonisti e alle fasi della loro vita. Osservano come narcisi la propria immagine nel vetro del telefonino che tiene sullo sfondo o in primo piano quel mondo irreale (facile, semplice, rapido) che va in frantumi quando le esperienze lo cimentano nei fatti. Non si impara ad usare bene i social se non si bonificano i pozzi avvelenati dalla cultura del semplice, facile, immediato, ripetibile senza sforzo e senza acquisire comprensione su ciò che si sta facendo.

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Le tesi di Haidt sono attaccabili, per carità, ma certo non utilizzando la più spuntata delle armi:

"Il problema non sono i social, ma come li usiamo. Basta usarli bene"

Questa la tesi dei cantori della bontà dei prodotti GAFAM (o FAANG che dir si voglia) e del brutto articolo che avete citato. E' una tesi molto ripetuta, soprattutto da bocche interessate a che nulla muti nella mancanza di regolamentazione di social e smartphone, ma è anche vera? Alcuni credono di no, che "non dipenda solo da noi":

https://altreconomia.it/lai-in-medicina-non-basta-usarla-bene-e-letica-non-ci-salvera-dalleffetto-vajont/

https://www.educazioneaperta.it/pedagogia-hacker-un-antidoto-allalienazione-tecnica-or-hacker-pedagogy-an-antidote-to-technical-alienation.html

La tecnologia, come aveva a scrivere Gilbert Simondon già negli anni 60, ha caratteristiche proprie, indipendenti dall'uso che se ne fa, possiede un suo "modo d'esistenza".

Piuttosto, se una critica si vuole farla, si potrebbe mettere in discussione quest'ansia di coartare i fanciulli per sostituirla con un dibattito sui capricci delle multinazionali produttrici di smartphone e social, e sull'eventuale opportunità di obbligarle a rimuovere funzionalità tossiche dai loro prodotti, proteggendo tanto i fanciulli che gli adulti come suggerisce questo recente articolo:

https://demartin.polito.it/smartphone-diverso

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Difficile dare regole per i giovani senza diventare ipocriti.

I più piccoli imparano prima di tutto dall'esempio, non solo ma anche degli adulti.

La rincorsa all'ultimo modello, il possesso di due smartphone, il rispondere immediatamente a qualsiasi whatsapp, chiedere a google ogni cosa, mi sembrano tutti esempi che diamo di quanto sia indispensabile utilizzare lo strumento.

Se fossimo capaci di regolamentare noi stessi, forse potremmo chiedere qualcosa ai più giovani e risultare credibili.

Se non siamo capaci di questo, accettiamo semplicemente il fatto che siamo tutti bambini inconsapevoli dei rischi e felici di sperimentare la grande giostra della tecnologia: a qualcuno piace stare al centro, quasi fermo, altri preferiscono stare sul bordo e sentir girare la testa, ad altri piace camminare di traverso e perdere l'equilibrio di continuo.

Impariamo dalla esperienza. Dobbiamo farla, viverla. e poi elaborarla.

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Si tratta di un difetti di conoscenza legato ad una mancanza di pertinenza, secondo me. Mi spiego non sapere come usare i social è un problema nostro e se questi per di piú non sono orientato verso il tipo di utenti che lo utilizzano allora possono verificarsi dei corto circuiti dannosi per tutti.

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