correlazione o causalità? questo sembra essere il nodo cruciale del libro, ma io penso e ne ho scritto ad esempio in "Spegni quel cellulare" Carocci ed. 2022 che la causa delle difficoltà soprattutto delle giovani generazioni ma anche di una certa parte di adulti, risieda nella falsa rappresentazione del mondo che non solo i social offrono, ma tutto il comparto tecnologico propone come panacea per tutte le difficoltà del vivere. Facile, semplice, rapido sono le categorie su cui le tecnologie computazionali costruiscono l'idea del mondo che poi ci offrono sui loro canali. Il mondo reale è complesso, articolato non semplice da conoscere e tanto meno da padroneggiare, dunque il contrasto tra il mondo offerto dalle tecnologie che spacciano facilità, e la durezza della vita con cui ci misuriamo quotidianamente. produce quella sofferenza mentale che prende nomi diversi anche in relazione alle età dei protagonisti e alle fasi della loro vita. Osservano come narcisi la propria immagine nel vetro del telefonino che tiene sullo sfondo o in primo piano quel mondo irreale (facile, semplice, rapido) che va in frantumi quando le esperienze lo cimentano nei fatti. Non si impara ad usare bene i social se non si bonificano i pozzi avvelenati dalla cultura del semplice, facile, immediato, ripetibile senza sforzo e senza acquisire comprensione su ciò che si sta facendo.
grazie per la segnalazione del titolo, lo leggerò al più presto...
Da semplice genitore penso che sia difficile per un ragazzo nell'età dello sviluppo imparare ad usare i social "in modo responsabile", quando le loro menti non sono ancora sviluppate in modo responsabile.
Perchè non diamo la patente ad un ragazzino di 13 anni? Perchè ha vista/riflessi/forza poco sviluppata? In tutto e per tutto ormai è equivalente ad un adulto (anzi, rispetto agli anziani ancora al volante per molti aspetti sarebbe anche più "performante").
Non diamo la patente ad un 13enne perchè lo riteniamo "immaturo".
Allo stesso modo, proprio perchè ancora immaturo non dovrebbe usare i social, che sono pericolosi per lui tanto quanto guidare un auto a quell'età...
Li proteggiamo (giustamente) dall'alcool fino a 18 anni, dai rischi della ludopatia, dai rischi della guida,
però li abbandoniamo ai rischi dei social, della "de-socializzazione", del cyberbullismo, etc.. semplicemente perchè "così fan tutti"
Le tesi di Haidt sono attaccabili, per carità, ma certo non utilizzando la più spuntata delle armi:
"Il problema non sono i social, ma come li usiamo. Basta usarli bene"
Questa la tesi dei cantori della bontà dei prodotti GAFAM (o FAANG che dir si voglia) e del brutto articolo che avete citato. E' una tesi molto ripetuta, soprattutto da bocche interessate a che nulla muti nella mancanza di regolamentazione di social e smartphone, ma è anche vera? Alcuni credono di no, che "non dipenda solo da noi":
La tecnologia, come aveva a scrivere Gilbert Simondon già negli anni 60, ha caratteristiche proprie, indipendenti dall'uso che se ne fa, possiede un suo "modo d'esistenza".
Piuttosto, se una critica si vuole farla, si potrebbe mettere in discussione quest'ansia di coartare i fanciulli per sostituirla con un dibattito sui capricci delle multinazionali produttrici di smartphone e social, e sull'eventuale opportunità di obbligarle a rimuovere funzionalità tossiche dai loro prodotti, proteggendo tanto i fanciulli che gli adulti come suggerisce questo recente articolo:
Difficile dare regole per i giovani senza diventare ipocriti.
I più piccoli imparano prima di tutto dall'esempio, non solo ma anche degli adulti.
La rincorsa all'ultimo modello, il possesso di due smartphone, il rispondere immediatamente a qualsiasi whatsapp, chiedere a google ogni cosa, mi sembrano tutti esempi che diamo di quanto sia indispensabile utilizzare lo strumento.
Se fossimo capaci di regolamentare noi stessi, forse potremmo chiedere qualcosa ai più giovani e risultare credibili.
Se non siamo capaci di questo, accettiamo semplicemente il fatto che siamo tutti bambini inconsapevoli dei rischi e felici di sperimentare la grande giostra della tecnologia: a qualcuno piace stare al centro, quasi fermo, altri preferiscono stare sul bordo e sentir girare la testa, ad altri piace camminare di traverso e perdere l'equilibrio di continuo.
Impariamo dalla esperienza. Dobbiamo farla, viverla. e poi elaborarla.
però il rischio maggiore non è il cellulare in sè, come strumento per fare telefonate o chiedere a google, o scrivere su whatsapp al gruppo dei famigliari.
Il rischio maggiore è quello dei SOCIAL, dei "like", dei follower, influencer, e dei vari feedback virtuali che provocano ricompense "dopaminiche".
In questo momento i social sono (teoricamente) vietati ai minori di 13 anni. Innanzitutto questo divieto andrebbe fatto rispettare, in secondo luogo questa età andrebbe alzata, poichè i ragazzi di quelle età NON sono ancora maturi a sufficienza per usarli senza rischiare possibili/probabili effetti negativi.
Per usare un auto serve una patente, fino a 18 anni in Italia non la puoi ottenere.
Forse noi adulti smettiamo di usare le automobili per dare un buon esempio ai bambini? Perchè altrimenti vogliono iniziare a guidare prima? ovviamente no...
In modo analogo, un uso NORMALE del cellulare noi adulti lo possiamo continuare a fare, ovviamente con delle regole (ad es. no uso durante i pasti), e iniziando nel frattempo ad educare i ragazzi per un futuro uso responsabile (al momento non esiste una "patente" per cellulari).
I ragazzi nell'età dello sviluppo hanno bisogno di socializzare nel mondo reale, con amici reali.
L'esempio dell'uso dell'auto mi sembra calzante. Moltissimi ragazzi imparano a guidare ben prima di prendere la patente. Alcuni sono così bravi che corrono in pista. Altri così irresponsabili che corrono in strada. Ci sono poi moltissimi patentati che farebbero meglio a non guidare mai l'auto per non mettere in pericolo se stessi e gli altri.
Patenti e certificazioni, tipo un diploma o una laurea, sono necessari per le regole della società e forse sono anche utili per gli individui, in qualche modo 'costretti' a confrontarsi con quelle regole. Per altro, non garantiscono nulla.
Il punto che tengo a riprendere è quello della responsabilità individuale di ciascuno di noi, che non può essere delegata ad altri e tantomeno ai regolamenti. Concordo comunque che, così come la patente non è garanzia, ma serve a definire un confine, anche una 'patente' per l'utilizzo dei social e della IA potrebbe essere uno strumento utile, se non altro per rendere gli adulti (quanti passerebbero il test?) e 'la società' più consapevoli.
Si tratta di un difetti di conoscenza legato ad una mancanza di pertinenza, secondo me. Mi spiego non sapere come usare i social è un problema nostro e se questi per di piú non sono orientato verso il tipo di utenti che lo utilizzano allora possono verificarsi dei corto circuiti dannosi per tutti.
il problema è che i ragazzi non hanno ancora gli strumenti per poterli usare in modo corretto (autocontrollo, fiducia in sè stessi, etc).
Già per gli adulti a volte non è semplice uscire da certi meccanismi dannosi (es. ludopatia), figuriamoci per menti giovani non ancora completamente formate...
correlazione o causalità? questo sembra essere il nodo cruciale del libro, ma io penso e ne ho scritto ad esempio in "Spegni quel cellulare" Carocci ed. 2022 che la causa delle difficoltà soprattutto delle giovani generazioni ma anche di una certa parte di adulti, risieda nella falsa rappresentazione del mondo che non solo i social offrono, ma tutto il comparto tecnologico propone come panacea per tutte le difficoltà del vivere. Facile, semplice, rapido sono le categorie su cui le tecnologie computazionali costruiscono l'idea del mondo che poi ci offrono sui loro canali. Il mondo reale è complesso, articolato non semplice da conoscere e tanto meno da padroneggiare, dunque il contrasto tra il mondo offerto dalle tecnologie che spacciano facilità, e la durezza della vita con cui ci misuriamo quotidianamente. produce quella sofferenza mentale che prende nomi diversi anche in relazione alle età dei protagonisti e alle fasi della loro vita. Osservano come narcisi la propria immagine nel vetro del telefonino che tiene sullo sfondo o in primo piano quel mondo irreale (facile, semplice, rapido) che va in frantumi quando le esperienze lo cimentano nei fatti. Non si impara ad usare bene i social se non si bonificano i pozzi avvelenati dalla cultura del semplice, facile, immediato, ripetibile senza sforzo e senza acquisire comprensione su ciò che si sta facendo.
grazie per la segnalazione del titolo, lo leggerò al più presto...
Da semplice genitore penso che sia difficile per un ragazzo nell'età dello sviluppo imparare ad usare i social "in modo responsabile", quando le loro menti non sono ancora sviluppate in modo responsabile.
Perchè non diamo la patente ad un ragazzino di 13 anni? Perchè ha vista/riflessi/forza poco sviluppata? In tutto e per tutto ormai è equivalente ad un adulto (anzi, rispetto agli anziani ancora al volante per molti aspetti sarebbe anche più "performante").
Non diamo la patente ad un 13enne perchè lo riteniamo "immaturo".
Allo stesso modo, proprio perchè ancora immaturo non dovrebbe usare i social, che sono pericolosi per lui tanto quanto guidare un auto a quell'età...
Li proteggiamo (giustamente) dall'alcool fino a 18 anni, dai rischi della ludopatia, dai rischi della guida,
però li abbandoniamo ai rischi dei social, della "de-socializzazione", del cyberbullismo, etc.. semplicemente perchè "così fan tutti"
Le tesi di Haidt sono attaccabili, per carità, ma certo non utilizzando la più spuntata delle armi:
"Il problema non sono i social, ma come li usiamo. Basta usarli bene"
Questa la tesi dei cantori della bontà dei prodotti GAFAM (o FAANG che dir si voglia) e del brutto articolo che avete citato. E' una tesi molto ripetuta, soprattutto da bocche interessate a che nulla muti nella mancanza di regolamentazione di social e smartphone, ma è anche vera? Alcuni credono di no, che "non dipenda solo da noi":
https://altreconomia.it/lai-in-medicina-non-basta-usarla-bene-e-letica-non-ci-salvera-dalleffetto-vajont/
https://www.educazioneaperta.it/pedagogia-hacker-un-antidoto-allalienazione-tecnica-or-hacker-pedagogy-an-antidote-to-technical-alienation.html
La tecnologia, come aveva a scrivere Gilbert Simondon già negli anni 60, ha caratteristiche proprie, indipendenti dall'uso che se ne fa, possiede un suo "modo d'esistenza".
Piuttosto, se una critica si vuole farla, si potrebbe mettere in discussione quest'ansia di coartare i fanciulli per sostituirla con un dibattito sui capricci delle multinazionali produttrici di smartphone e social, e sull'eventuale opportunità di obbligarle a rimuovere funzionalità tossiche dai loro prodotti, proteggendo tanto i fanciulli che gli adulti come suggerisce questo recente articolo:
https://demartin.polito.it/smartphone-diverso
Difficile dare regole per i giovani senza diventare ipocriti.
I più piccoli imparano prima di tutto dall'esempio, non solo ma anche degli adulti.
La rincorsa all'ultimo modello, il possesso di due smartphone, il rispondere immediatamente a qualsiasi whatsapp, chiedere a google ogni cosa, mi sembrano tutti esempi che diamo di quanto sia indispensabile utilizzare lo strumento.
Se fossimo capaci di regolamentare noi stessi, forse potremmo chiedere qualcosa ai più giovani e risultare credibili.
Se non siamo capaci di questo, accettiamo semplicemente il fatto che siamo tutti bambini inconsapevoli dei rischi e felici di sperimentare la grande giostra della tecnologia: a qualcuno piace stare al centro, quasi fermo, altri preferiscono stare sul bordo e sentir girare la testa, ad altri piace camminare di traverso e perdere l'equilibrio di continuo.
Impariamo dalla esperienza. Dobbiamo farla, viverla. e poi elaborarla.
in parte condivido le sue osservazioni,
però il rischio maggiore non è il cellulare in sè, come strumento per fare telefonate o chiedere a google, o scrivere su whatsapp al gruppo dei famigliari.
Il rischio maggiore è quello dei SOCIAL, dei "like", dei follower, influencer, e dei vari feedback virtuali che provocano ricompense "dopaminiche".
In questo momento i social sono (teoricamente) vietati ai minori di 13 anni. Innanzitutto questo divieto andrebbe fatto rispettare, in secondo luogo questa età andrebbe alzata, poichè i ragazzi di quelle età NON sono ancora maturi a sufficienza per usarli senza rischiare possibili/probabili effetti negativi.
Per usare un auto serve una patente, fino a 18 anni in Italia non la puoi ottenere.
Forse noi adulti smettiamo di usare le automobili per dare un buon esempio ai bambini? Perchè altrimenti vogliono iniziare a guidare prima? ovviamente no...
In modo analogo, un uso NORMALE del cellulare noi adulti lo possiamo continuare a fare, ovviamente con delle regole (ad es. no uso durante i pasti), e iniziando nel frattempo ad educare i ragazzi per un futuro uso responsabile (al momento non esiste una "patente" per cellulari).
I ragazzi nell'età dello sviluppo hanno bisogno di socializzare nel mondo reale, con amici reali.
Grazie per la risposta.
L'esempio dell'uso dell'auto mi sembra calzante. Moltissimi ragazzi imparano a guidare ben prima di prendere la patente. Alcuni sono così bravi che corrono in pista. Altri così irresponsabili che corrono in strada. Ci sono poi moltissimi patentati che farebbero meglio a non guidare mai l'auto per non mettere in pericolo se stessi e gli altri.
Patenti e certificazioni, tipo un diploma o una laurea, sono necessari per le regole della società e forse sono anche utili per gli individui, in qualche modo 'costretti' a confrontarsi con quelle regole. Per altro, non garantiscono nulla.
Il punto che tengo a riprendere è quello della responsabilità individuale di ciascuno di noi, che non può essere delegata ad altri e tantomeno ai regolamenti. Concordo comunque che, così come la patente non è garanzia, ma serve a definire un confine, anche una 'patente' per l'utilizzo dei social e della IA potrebbe essere uno strumento utile, se non altro per rendere gli adulti (quanti passerebbero il test?) e 'la società' più consapevoli.
Si tratta di un difetti di conoscenza legato ad una mancanza di pertinenza, secondo me. Mi spiego non sapere come usare i social è un problema nostro e se questi per di piú non sono orientato verso il tipo di utenti che lo utilizzano allora possono verificarsi dei corto circuiti dannosi per tutti.
Lei ragiona da adulto;
il problema non è "sapere come usare i social",
il problema è che i ragazzi non hanno ancora gli strumenti per poterli usare in modo corretto (autocontrollo, fiducia in sè stessi, etc).
Già per gli adulti a volte non è semplice uscire da certi meccanismi dannosi (es. ludopatia), figuriamoci per menti giovani non ancora completamente formate...